L’Idraulica dei sistemi fognari dalla teoria alla pratica

La progettazione dei sistemi fognari e dei manufatti in essi presenti richiede un’attenta conoscenza delle leggi che regolano i fenomeni idraulici, con particolare riferimento alle correnti idriche a superficie libera. Partendo dalle nozioni fondamentali dell’Idraulica, il testo intende colmare alcune importanti lacune che ancora caratterizzano la letteratura italiana nel settore e che spesso sono alla base di errori progettuali, con ovvie conseguenze sulla sicurezza dei centri abitati (come testimoniato dai frequenti fenomeni di allagamento che sono stati registrati negli ultimi anni).

Il libro è rivolto agli allievi dei corsi di studio nel settore dell’ingegneria Civile ed Ambientale. Particolare interesse è rivolto ai professionisti operanti nel settore della ingegneria idraulica e della pianificazione urbana, per i quali è forte l’esigenza di testi che contengano indicazioni di carattere sia teorico sia pratico, finalizzate alla progettazione di sistemi di drenaggio nei centri abitati.

Per fognatura (più formalmente sistema di drenaggio urbano o impianto di fognatura, volgarmente chiavica) si intende il complesso di canalizzazioni,[1] generalmente sotterranee, per raccogliere e smaltire lontano da insediamenti civili e/o produttivi le acque superficiali (meteoriche, di lavaggio, ecc.) e quelle reflue provenienti dalle attività umane in generale.

Le canalizzazioni, in generale, funzionano a pelo libero; in tratti particolari, in funzione dell’altimetria dell’abitato da servire, il loro funzionamento può essere in pressione (condotte prementi in partenza da stazioni di pompaggio, attraversamenti, sifoni, ecc.).

Le prime testimonianze storiche di fognature risalgono a un periodo compreso tra il 2500 e il 2000 a.C. circa e sono state trovate a Mohenjo-daro, nell’attuale Pakistan. Dai resti si è potuta ricostruire la fisionomia della città che, sotto il livello stradale, presentava una vasta rete di canali in mattoni in grado di convogliare le acque reflue provenienti dalle abitazioni. Anche la città di Ninive, capitale del Regno assiro tra l’VIII e il VI secolo a.C. era fornita di una rete fognaria.

Le fognature antiche più efficienti furono però quelle di Roma. La prima cloaca romana di cui si abbia notizia risale al VII secolo a.C. e fu progettata per bonificare gli acquitrini che occupavano le vallate alla base dei colli dell’Urbe, e far defluire verso il Tevere i liquami del Foro Romano, di Campo Marzio e del Foro Boario.

La realizzazione più importante fu però la cloaca massima, la cui costruzione fu avviata nel VI secolo a.C. sotto il leggendario re di Roma di origine etrusca Tarquinio Prisco. Con la cloaca massima (inizialmente era un canale a cielo aperto ma successivamente fu coperto per consentire l’espansione del centro cittadino), di cui si possono vedere alcuni tratti e lo sbocco presso i resti del Ponte Rotto, i Romani ci hanno tramandato uno dei più importanti esempi di ingegneria idraulico-sanitaria.

Con la caduta dell’impero, non vennero più costruite nuove fogne e spesso quelle esistenti furono abbandonate. Solo molto più tardi, nel XVII secolo, si sentì nuovamente l’esigenza di costruire fognature a seguito della forte urbanizzazione di città come Parigi e, dal XIX secolo, Londra.

Tutti i rifiuti liquidi comunque prodotti vanno collettati alla fognatura dinamica. Essa è costituita dalle opere di raccolta e immissione delle acque di rifiuto nei collettori stradali, dalla rete composta da questi ultimi, dagli eventuali manufatti di controllo idraulico, dai sollevamenti e dai manufatti di scarico.

A seconda del refluo di provenienza le fognature si distinguono in:

fognature urbane;
fognature industriali.
I sistemi fognari urbani si distinguono ulteriormente in:

sistema unitario o fognatura mista: raccolgono sia le acque di rifiuto urbane (acque di tempo asciutto) sia le acque meteoriche;
sistema separato: utilizza due reti separate chiamate:
fognatura nera: adibita alla raccolta e al convogliamento delle acque reflue urbane unitamente alle eventuali acque di prima pioggia;

fogna bianca (o più correttamente fogna pluviale): adibita alla raccolta e al convogliamento delle sole acque meteoriche di dilavamento e di lavaggio delle strade, e dotata o meno di dispositivi per la raccolta e la separazione delle acque di prima pioggia. Nelle fogne bianche di nuova costruzione può essere richiesto dall’autorità competente che le acque di prima pioggia debbano essere sottoposte, prima del loro smaltimento, a un trattamento di grigliatura e dissabbiatura. In casi particolari quali acque di dilavamento di piazzali, strade, parcheggi, ecc., può essere richiesto anche un trattamento di disoleazione.

Si possono trovare abitati serviti in parte con un sistema misto e in parte con un sistema separato (es. Bari).

Con l’entrata in vigore del Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 4 marzo 1996 nelle zone di nuova urbanizzazione e nei rifacimenti di quelle preesistenti si deve di norma, salvo ragioni economiche e ambientali contrarie, prevedere il sistema separato. In tali zone si può prevedere il solo invio delle acque di prima pioggia nella rete nera solo se tale immissione è compatibile con il sistema di depurazione adottato.


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