Estraniato da ogni realtà esterna e minacciato dalla magione che lo circonda, Roderick Usher, l’artista morente nel racconto “Il Crollo di Casa Usher” di Edgard Allan Poe, vive un’esistenza parassitaria, nutrendosi di sè stesso, delle sue tenui creazioni artistiche e, infine, della vitalità residua della sua stessa sorella.
Rimangono molte domande critiche per coloro che vorrebbero sondare oltre le superfici gotiche di questo racconto. Qual è il “segreto opprimente” tra fratello e sorella che il narratore scopre ma non riesce ad articolare, e perché Usher, lui stesso vittima di una follia progressiva, dovrebbe riferirsi al narratore come un “Pazzo”?
Quando Madeline emerge dalla tomba, è diventata un vampiro in qualche forma del cadavere rianimato? O il suo scopo è salvare o condannare suo fratello? O è solo molto abile a trattenere il respiro? Ma il mistero più provocatorio della casa riguarda la maledizione che sta causando il continuo degrado della villa.
“The Fall of the House of Usher” di Poe è il prototipo del testo misterioso. Silenzio, solitudine e oscurità – condizioni generali del perturbante secondo Freud – avvolgono la casa. Ulteriori caratteristiche del perturbante sono la ricorrenza, l’interscambio tra l’animato e l’inanimato, l’aura meccanica di alcune malattie nervose (l’epilessia, per esempio), la follia, e la doppia identità.
Queste caratteristiche, che sono anche tipiche del grottesco sono presenti in tutto il testo, come testimoniano il pedigree unilineare degli Usher (con un figlio unico che succede sempre a un figlio unico), la magione senziente, gli “affetti di carattere parzialmente catalettico” di Madeline, la follia progressiva di Roderick e tutti quei parallelismi nei termini in cui Roderick e Madeline, nonché Roderick e il narratore vengono narrativamente presentati come doppi.
Non possiamo sapere con certezza quale storia ha da raccontare Madeline. Non è uno dei primi esempi di una donna morta che parla, quanto una figura più incoerente e preoccupante: una donna morta che piange o, data l’ambiguità che circonda il suo stato quando è entrata per la prima volta nella sua tomba, una possibile donna morta che piange.
Questo la rende doppiamente inquietante. In generale, il perturbante segna il ritorno del rimosso, ciò che è familiare e noto ma dovrebbe rimanere segreto o sepolto. “Ma il perturbante non è semplicemente un’esperienza di estraneità o alienazione”, spiega Nicolas Royle. «Più specificatamente, è una commistione di familiare e non familiare».