Questo volume è la continuazione e l’aggiornamento di precedenti che hanno descritto il lavoro di ARIPS nel settore della Psicologia di comunità, nel corso di 20 anni. Il primo di AA.VV., a cura di G.Contessa e M.Sberna, fu Per una Psicologia di comunità, (Clued, Milano, 1981). Il secondo fu G. Contessa, prevenzione primaria delle tossicodipendenze, (Clued, Milano, 1984). Il terzo è stato La prevenzione, di G.Contessa (CittàStudiEdizioni, Milano, 1994).
Il presente volume è, al tempo stesso, il bilancio di oltre 45 esperienze di intervento di sviluppo comunitario e il manifesto degli interventi che verranno realizzati nei prossimi anni. La prima parte del volume è scritta in forma di epistolario fra i due autori, con l’idea che si possa fare saggistica anche in forme diverse da quelle canoniche. La seconda parte presenta i modelli degli interventi principali realizzati, o in corso, dagli autori e dai colleghi dell’ARIPS.
La terza parte espone un nuovo modello fondato sulle correzioni e le innovazioni ispirate dagli errori e dalle difficoltà che tanti progetti concreti hanno prodotto. Un gruppo di professionisti che presenta, in vent’anni, ben quattro volumi sulla Psicologia di comunità forse può essere una fonte interessante di ispirazione e d’aiuto per quanti, e sono sempre di più, sono impegnati nella promozione delle aggregazioni umane.
La psicologia di comunità nasce sotto la spinta di psicologi e altri operatori psicosociali che progressivamente prendono le distanze da una visione individuale, biologica e intrapsichica del disagio e ricercano spiegazioni eziologiche e forme d’intervento nell’ambito del rapporto individuo-ambiente.
Come disciplina empirica e applicativa la psicologia di comunità si sviluppa e si perfeziona in seguito allo stimolo di concrete situazioni di disagio sociale e aspettative di una migliore qualità della vita.
Essa nasce in modo decisamente pragmatico, in seguito all’impulso alla partecipazione e al cambiamento sociale degli anni sessanta e all’esigenza di alcuni operatori e professionisti di costruire e sperimentare strumenti innovativi di intervento sociale in grado di stimolare ipotesi teoriche da verificare con nuove prassi operative.
La denominazione “ufficiale”, psicologia di comunità, viene coniata nel 1965 in USA, ma le radici di tale disciplina affondano nei decenni precedenti della storia e della cultura americana per diventare teoria e prassi consapevole negli anni sessanta e settanta e diffondersi negli Stati Uniti e in molte altre nazioni nei diversi continenti.
Tale disciplina si distingue dalle altre branche della psicologia per la rilevanza che dà al contesto sociale e per le conseguenze che ciò apporta nell’ambito teorico, infatti “i suoi valori di fondo, i principi teorici e le strategie di intervento sono fortemente influenzati e connessi con gli eventi sociali e politici” (Francescato, Ghirelli, 1988, p.19).
La psicologia di comunità considera il gruppo di lavoro come setting ambientali da studiare e su cui attuare le proprie strategie di intervento.
L’assunto di base degli psicologi di comunità che operano in questa direzione è che i gruppi di lavoro possano essere dei setting potenzialmente positivi ma anche negativi per le persone che vi partecipano.