Il Medio Oriente rappresenta una delle aree più dinamiche e innovative nell’implementazione delle Zone Economiche Speciali (ZES). Paesi come il Qatar e gli Emirati Arabi Uniti hanno saputo sfruttare questo strumento per diversificare le proprie economie oltre il settore petrolifero e posizionarsi come hub globali per il commercio e l’innovazione. Il loro successo offre importanti lezioni su come le ZES possano essere utilizzate per trasformare radicalmente il tessuto economico di un paese.
Il Qatar, piccolo emirato del Golfo Persico, ha lanciato nel 2005 la Qatar Science and Technology Park (QSTP), una ZES focalizzata sull’innovazione e la ricerca scientifica. Situata all’interno dell’Education City di Doha, la QSTP ospita centri di ricerca e sviluppo di multinazionali come Microsoft, ExxonMobil e Rolls-Royce, oltre a numerose start-up tecnologiche. L’obiettivo è creare un ecosistema dell’innovazione che possa fungere da motore per la transizione del Qatar verso un’economia della conoscenza.La QSTP offre una serie di incentivi alle aziende che vi si insediano, tra cui:
- Esenzione totale dalle tasse per 10 anni, rinnovabile per altri 5
- Possibilità di proprietà straniera al 100%
- Nessuna restrizione al rimpatrio dei profitti
- Procedure amministrative semplificate
- Infrastrutture all’avanguardia e servizi di supporto alle imprese
Ma il vero punto di forza della QSTP è l’integrazione con il sistema universitario e di ricerca qatariota. Le aziende possono collaborare facilmente con le università presenti nell’Education City, accedendo a talenti e conoscenze di alto livello. Questo ha permesso di creare un circolo virtuoso tra ricerca, innovazione e applicazioni industriali. I risultati sono stati notevoli: in poco più di 15 anni, la QSTP ha attratto oltre 50 aziende internazionali, generato centinaia di brevetti e contribuito alla creazione di un vivace ecosistema di start-up tecnologiche. Settori come la biomedicina, l’energia sostenibile e l’intelligenza artificiale hanno conosciuto uno sviluppo senza precedenti in Qatar.
Ancora più impressionante è il caso degli Emirati Arabi Uniti, che hanno fatto delle ZES uno dei pilastri della loro strategia di diversificazione economica. Il paese conta oggi oltre 45 zone franche, ciascuna con una propria specializzazione settoriale. Tra queste spicca la Dubai Multi Commodities Centre (DMCC), considerata la ZES di maggior successo al mondo per diversi anni consecutivi.Creata nel 2002, la DMCC si è affermata come hub globale per il commercio di commodities, in particolare oro, diamanti e tè. Offre alle aziende un pacchetto di incentivi tra i più competitivi al mondo:
- Esenzione fiscale totale per 50 anni
- Proprietà straniera al 100%
- Nessuna restrizione valutaria
- Procedure amministrative interamente digitalizzate
- Infrastrutture logistiche e di comunicazione all’avanguardia
Ma il vero segreto del successo della DMCC è stato creare un ecosistema completo intorno alle commodities trattate. Per l’oro, ad esempio, sono stati creati una raffineria, un sistema di certificazione, strutture di stoccaggio sicure e una borsa dedicata. Questo ha permesso di attrarre l’intera filiera, dalla produzione al commercio al dettaglio. I numeri parlano da soli: la DMCC ospita oggi oltre 20.000 aziende da 180 paesi, genera il 10% del PIL di Dubai e ha contribuito a fare degli Emirati il principale hub mondiale per il commercio dell’oro. Il suo successo ha ispirato la creazione di altre ZES specializzate, come la Dubai Internet City per l’ICT o la Dubai Healthcare City per il settore sanitario.
Il modello degli Emirati Arabi mostra come le ZES possano essere utilizzate non solo per attrarre investimenti esteri, ma per creare veri e propri cluster industriali integrati. La chiave è stata offrire non solo incentivi fiscali, ma un ecosistema completo di infrastrutture, servizi e connessioni con l’economia locale.Quali lezioni possiamo trarre dalle esperienze di Qatar ed Emirati Arabi?
In primo luogo, l’importanza di una visione strategica di lungo periodo. Le ZES non sono state viste come semplici strumenti per attrarre investimenti, ma come catalizzatori di una trasformazione economica complessiva. In secondo luogo, la specializzazione. Ogni ZES è stata progettata per sviluppare settori specifici, creando masse critiche di competenze e imprese. Questo ha permesso di massimizzare le sinergie e creare veri e propri cluster industriali. Terzo, l’integrazione con l’economia locale. Le ZES di maggior successo non sono enclave isolate, ma si integrano con il tessuto produttivo nazionale, creando collegamenti con università, centri di ricerca e imprese locali. Infine, la qualità delle infrastrutture e dei servizi offerti. Gli incentivi fiscali non bastano: per attrarre aziende di alto livello servono infrastrutture all’avanguardia, procedure efficienti e un ambiente business-friendly a 360 gradi. Il modello mediorientale delle ZES offre spunti interessanti anche per l’Italia, che sta muovendo i primi passi in questo campo.
La sfida sarà quella di adattare queste best practice al contesto europeo e alle specificità del nostro paese, creando zone economiche speciali che possano fungere da volano per lo sviluppo dei territori, in particolare nel Mezzogiorno. In conclusione, le esperienze di Qatar ed Emirati Arabi dimostrano come le ZES, se ben concepite e gestite, possano essere potenti strumenti di trasformazione economica. Non semplici aree a fiscalità agevolata, ma veri e propri ecosistemi dell’innovazione capaci di proiettare un paese nelle catene globali del valore ad alto valore aggiunto.