Prefazione di Antonella Carassa Introduzione LA REALTÀ VIRTUALE 1. La realtà virtuale come strumento tecnologico 1.1. Gli ambienti virtuali – 1.1.1. Nuove tecnologie per l’acquisizione di informazione – 1.1.2. Nuove tecnologie per la fruizione dell’informazione – 1.1.3. Brevi considerazioni ergonomiche 2. La realtà virtuale come possibilità di esperienza 2.1. Essere in un mondo virtuale, la presenza – 2.1.1. Dalla telepresenza alla presenza –
2.1.2. Dal realismo all’azione – 2.1.3. Dall’azione alla cognizione – 2.2. Metodologie di indagine a confronto – 2.3. Presenza ed acquisizione di conoscenza L ’ ACQUISIZIONE DI CONOSCENZA IN REALTÀ VIRTUALE 3. Interazione uomo-computer ed acquisizione di conoscenza 3.1. Dall’attività alla cognizione situata – 3.2. Presenza, aspettativa ed azione – 3.3. Apprendimento e realtà virtuale – 4. Verso l’«embodiment»: apprendere l’azione in realtà virtuale – 4.1. Possibilità di interazione ed acquisizione di conoscenza – 4.1.1. Embodiment, dal corpo alla mente – 4.1.2. Dalla mente al corpo, l’immaginazione motoria –
4.2. La riabilitazione del movimento supportato dalla presenza in realtà virtuale – 4.3. Riconsiderando l’embodiment – 5. Verso la situatività: apprendere lo spazio negli ambienti virtuali 5.1. Interazione e conoscenza spaziale in ambienti simulati – 5.1.1. La cognizione spaziale in una prospettiva simbolica – 5.1.2. La cognizione spaziale in una prospettiva situata – 5.1.3. Presenza spaziale ed organizzazione di conoscenza –
5.2. Essere situati nell’acquisire conoscenza: V-Space – 5.2.1. Gli ambienti virtuali sviluppati in V-Space – 5.2.2. I lavori sperimentali condotti in V-Space – 5.3. Conclusioni LA CONDIVISIONE DI CONOSCENZA IN REALTÀ VIRTUALE 6. Gli ambienti virtuali multi-utente – 6.1. Creare un terreno comune – 6.2. «Spazi» di azionecondivisa, la presenza sociale – 6.2.1. Posizioni teoriche peruna definizione di presenza sociale – 7. Intersoggettività e comunità virtuali – 7.1. L’intersoggettività: dietro gli agenti virtuali si nascondono altrementi? – 7.1.1. Intersoggettività e presenza sociale in unambiente simulato –
7.2. La partecipazione virtuale a comunitàdi pratiche – 7.2.1. Creare una comunità: il progetto Euroland – 7.3. Verso le comunità virtuali: prospettive e limiti Riconsiderazioni Punti nodali (a cura di Alessandra Preziosa)
L’uso della realtà virtuale si sta diffondendo a grande velocità in campi di ricerca come la psicologia e le neuroscienze cognitive.
L’analisi della storia dell’interazione uomo computer evidenzia una tendenza costante (Mantovani, 1995; Riva, 2004): il tentativo di introdurre nell’interazione mediata la corporeità e le regole che la caratterizzano.
Questo approccio all’interazione, normalmente definito «manipolazione diretta» (direct manipulation), si basa sull’idea che l’utente debba agire sugli oggetti digitali allo stesso modo con cui interagisce con artefatti fisici. Questa possibilità non richiede infatti all’utente di imparare nuovi comandi, ma semplicemente di adattare gli schemi percettivo-motori che ha già appreso all’interfaccia proposta.
Per esempio, la possibilità di spostare un file da una cartella all’altra utilizzando il mouse – presente in tutti i moderni sistemi operativi – si basa sulle stesse capacità di orientamento spaziale e di coordinamento del movimento che ci permettono di prendere un oggetto e di metterlo in una nuova posizione.
Come A.I. sta universalmente per Intelligenza Artificiale, la Realà Virtuale è abbastanza correntemente designata come V.R. Ma Ia realtà virtuale avrebbe potuto essere chiamata anche «Immaginazione Artificiale». Se portiamo il concetto alla sua naturale, se non estrema, conclusione, troveremo che il fine della V.R. è metterci in grado di controllare le simulazioni tecnologiche con il solo pensiero.
Il legame tra immaginazione e tecnologia risale all’antica Grecia. Dall’invenzione
dell’alfabeto al computer l’uomo occidentale è andato brancolando verso lo sviluppo delle realtà virtuali in diverse forme. Gli antichi drammaturghi greci e i romanzieri dal Rinascimento ad oggi hanno prodotto realtà virtuali trasponendo il lavorio della loro fantasia sulla scena o sulla carta.
Ciò che «vediamo» sono dunque informazioni tradotte in un linguaggio visivo (convenzionalizzato), non qualcosa che sia davvero in qualche modo «là fuori». È come se diversi sistemi percettivi e cognitivi venissero dispiegati tutti insieme, in modo da far emergere l’«effetto» di realtà virtuale.
Invece di creare un solo «campo» continuo, questi effetti di realtà formano un composto che, nella sua discontinuità amalgamata e combinata, può lasciarci freddi e distaccati, oppure assorbirci in un estatico oblio di sé e in una concentrata presenza a noi stessi.