La nuova edizione del Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (DSM-5®), utilizzato dai clinici e dai ricercatori per diagnosticare e classificare i disturbi mentali, è il frutto di oltre dieci anni di lavoro a opera di centinaia di esperti internazionali nel campo della salute mentale. Il loro impegno ha dato vita a un volume autorevole che definisce e classifica i disturbi mentali con lo scopo di migliorare il processo diagnostico, il trattamento e la ricerca.
I criteri, concisi ed espliciti, sono tesi a rendere più semplice la valutazione oggettiva della manifestazione dei sintomi in una varietà di contesti clinici – ricoveri, ambiti ambulatoriali e di consultazione psichiatrica, nella clinica, nella pratica privata e nell’assistenza primaria – nonché in studi epidemiologici dei disturbi mentali nella popolazione. Il DSM® è uno strumento per il clinico, una risorsa educativa per studenti e praticanti, un riferimento per i ricercatori del settore.
Il Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, noto anche con la sigla DSM derivante dall’originario titolo dell’edizione statunitense Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders, è uno dei sistemi nosografici per i disturbi mentali o psicopatologici più utilizzati da psichiatri, psicologi e medici di tutto il mondo, sia nella pratica clinica sia nell’ambito della ricerca, redatto dall’American Psychiatric Association.
Il DSM è una guida valida per tutti i disturbi mentali: la mancanza di consenso generale, frutto della diversità delle dottrine psichiatriche, lascia troppo spazio al giudizio personale dello psichiatra in fatto di diagnosi. La soluzione consiste nell’aggirare questo giudizio, realizzando un linguaggio comune a tutta la professione, al di là dei singoli orientamenti clinici.
L’APA mette così a punto un equivalente di quello che gli informatici chiamano «un sistema esperto», per ottenere una fedeltà diagnostica basata sul consenso. I principali strumenti per arrivarci corrispondono ai concetti-guida del DSM-III: la nozione di disturbo mentale, l’approccio descrittivo e i criteri diagnostici, la valutazione multiassiale.
Nel corso degli anni il manuale, arrivato nel 2013 alla 5ª edizione, è stato redatto tenendo in considerazione l’attuale sviluppo e i risultati della ricerca psicologica e psichiatrica in numerosi campi, modificando e introducendo nuove definizioni di disturbi mentali: la sua ultima edizione classifica un numero di disturbi mentali pari a tre volte quello della prima edizione.
La prima versione risale al 1952 (DSM-I) e fu redatta dall’American Psychiatric Association (APA), come replica degli operatori nell’area del disagio mentale all’Organizzazione mondiale della sanità (OMS), che nel 1948 aveva pubblicato un testo, la classificazione ICD, esteso pure all’ambito dei disturbi psichiatrici.
Da allora vi sono state ulteriori edizioni: nel 1968 il DSM-II, nel 1980 il DSM-III, nel 1987 il DSM-III-R (edizione rivisitata), nel 1994 il DSM-IV, nel 2000 il DSM-IV-TR (testo revisionato) e nel 2013 il DSM-5 (il passaggio dalla numerazione romana a quella araba è dovuto al fatto che «i numeri romani potrebbero risultare limitanti» per la numerazione di successive revisioni o aggiornamenti).