Il capitale umano in economia aziendale, Valutazione, controllo e comunicazione

L’esigenza di redigere una seconda edizione del volume ‘Il capitale umano in economia aziendale’ riveduta ed ampliata, del mio primo volume sul capitale umano, ormai datato 2000, nasce dal­l’at­tua­lità, rilevanza ed interesse che tale tema suscita ancora nell’ambito degli studi di economia aziendale. Eppure viviamo nell’era dell’informazione, dell’intelligenza artificiale, dei big data, in cui pure è stato teorizzato, forse un po’ frettolosamente, che la lettura integrata e velocissima di un gran mole di dati potesse poi indicare una risposta efficace ai problemi strategici delle imprese.

Il capitale umano si conferma, invece, elemento imprescindibile per l’economia delle aziende, come molti studi hanno confermato riprendendo il filone human centred delle nuove leve competitive. Soprattutto ai più giovani va quindi insegnato che benché possa apparire del tutto tecnologico il tempo che viviamo, in cui certamente l’innovazione ha radicalmente modificato il modo di essere delle aziende, l’investimento maggiore è sempre quello sulle risorse umane, che non sono uno strumento, come gli altri, al servizio dell’azienda, ma il fine ultimo della stessa.

Pertanto, soprattutto oggi, la valorizzazione delle risorse umane assume ancor maggiormente l’aspetto della criticità. A riguardo, gli studi economico-aziendali hanno da tempo approfondito una propria peculiare visione, inerente i profili di rappresentazione quan­titativa, di controllo, di valutazione e di comunicazione del capitale umano. Proprio tali aspetti sono stati approfonditi in questa nuova edizione.

La qualità del lavoro che una persona mette a disposizione può variare enormemente: un lavoratore può essere più o meno forte, sano o malato, ignorante o colto. All’incirca, quelli che lavorano in condizioni personali migliori sono anche quelli meglio pagati. È sempre stato così, sono soltanto cambiati i criteri per valutare le condizioni personali più adatte: in passato i soggetti dotati di una maggiore forza fisica avevano retribuzioni migliori perché rappresentavano una risorsa preziosa sul lavoro.

La qualità della forza-lavoro si indica genericamente con l’espressione di capitale umano. Il riferimento al capitale fisico è significativo: il capitale umano gode di molte caratteristiche che lo rendono simile a quello fisico in senso stretto. In primo luogo, almeno per quanto riguarda l’idea che hanno gli economisti del capitale, quelle che sono rilevanti sono le particolarità che rendono il lavoratore più o meno produttivo, vale a dire le caratteristiche che permettono di aumentare o migliorare la produzione. Inoltre, proprio come accade per il capitale fisico, anche quello umano si deprezza.

Ma attenzione: mentre un macchinario si deprezza con l’uso (per cui dopo un certo tempo è necessario sostituirlo), per il capitale umano il processo di deprezzamento è legato al suo non uso (o al suo cattivo uso).

Il capitale umano è costituito delle competenze e dei saperi degli individui. Le variazioni del capitale umano possono contribuire a spiegare le variazioni della produttività e quindi le variazioni dei salari. Naturalmente, diversi tipi di occupazioni richiedono diversi tipi di capitale umano, e il lavoro realizzato da un individuo dotato di particolari competenze potrebbe dare alla produzione complessiva un contributo di valore maggiore rispetto al lavoro realizzato da un individuo con competenze inferiori, a parità di numero di ore.

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